Niente residenza permanente per Luca, sieropositivo all'HIV

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L'Australia può rifiutare le richieste di residenza permanente se le condizioni di salute sono ritenute troppo onerose per il sistema sanitario. Credit: Palani Mohan/Getty Images

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Dopo anni di vita e lavoro in Australia, a Luca* è stata rifiutata la residenza permanente perché affetto da HIV. Ecco la sua storia.


Luca* è un italiano che, nonostante viva in Australia da molti anni, non è ancora riuscito a ottenere la residenza permanente poiché è affetto da HIV.

La sua situazione è simile a quella di altre persone affette da condizioni mediche in base alle quali il Dipartimento dell’Immigrazione non concede il visto permanente, qualora decida che le cure di cui hanno bisogno sarebbero potenzialmente troppo onerose per le casse pubbliche.

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Questa storia ha inizio nel 2013, quando Luca* si vede rifiutata la sua richiesta di residenza tramite il visto Skilled Independent.

"Ho comunque deciso di fare domanda per un visto perché la descrizione che ho visto dei requisiti sul sito del ministero non dice chiaramente che chi è affetto da HIV non può fare domanda. Dice che l'ufficiale medico valuterà la situazione", spiega al microfono di SBS Italian.
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Una volta ricevuto il rifiuto, Luca* ha presentato appello al tribunale competente, e nel 2014 il giudice ha confermato la decisione di non concedergli la residenza permanente, includendo nel suo giudizio finale una nota al Dipartimento.

In questa nota il giudice raccomandava che Luca venisse autorizzato a rimanere in Australia date le sue competenze, particolarmente richieste nel Paese. A quel punto Luca ha deciso di fare appello al ministro dell'immigrazione, la cui risposta è arrivata per email tre anni dopo.

"Nel 2017, è arrivata una email di una riga in cui diceva: tre settimane e te ne devi andare".

Proprio quando tutte le opzioni per rimanere in Australia sembravano svanire, è arrivato l'aiuto del suo datore di lavoro dell'epoca.

"Mi ha messo in contatto con un deputato della zona [...] Non so cosa sia successo esattamente ma dopo una settimana mi arriva un'altra notifica, completamente ignorando quella precedente, che dice: abbiamo deciso di accettare la tua richiesta di appello, e ti diamo un visto turistico temporaneo fino alla fine dell'anno".

Questo visto turistico gli ha poi permesso di fare domanda per il visto che ha ora, un de facto con il suo partner neozelandese, cosa che non gli sarebbe stata concessa con il visto che aveva prima, ovvero il .
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"Quello che vanno a vedere sono i costi che questa condizione avrà per la sanità pubblica", spiega l'agente di immigrazione Fabio Nocilla in riferimento alle procedure messe in atto dal Dipartimento di Immigrazione.

In particolare si calcola la possibile spesa per "i primi dieci anni, dal momento che questa persona diventa permanent, e il Dipartimento mette un limite, che si chiama significant cost threshold", prosegue Nocilla.

"Se questi costi, che secondo il Dipartimento il governo dovrà affrontare per questa condizione, superano questo threshold (soglia), allora non ci sono le condizioni".

Questo criterio si basa su una stima dei costi sanitari e assistenziali che il richiedente potrebbe generare durante la sua permanenza nel Paese. Se i costi stimati per le cure mediche e l'assistenza superano questa soglia, , il richiedente potrebbe vedersi rifiutare il visto permanente, come avvenuto nel caso di Luca*.

Tuttavia per alcuni tipi di visto può essere concessa una deroga sanitaria, o waiver, in base al public interest criteria, come spiega ancora Nocilla.

Quando è iniziata tutta la trafila burocratica, Luca ha perso anche l'accesso a Medicare, e per le cure ha dovuto affidarsi ad un programma a scopo benefico dell'ospedale che lo seguiva. Questo programma continua a coprire le sue spese mediche, permettendogli di vivere una vita normale nonostante il virus.

"Non siamo più negli anni '90, ma anche negli anni 2000. Siamo ormai a un punto in cui in questa condizione, che non è più una condizione, è solamente un virus che vive nel tuo sistema", sottolinea Luca. "Se tu prendi i farmaci che devi prendere tutti i giorni, rimane soppresso, rimane, come si dice, a carica zero per tutta la vita, quindi non ha nessun effetto sulla mia vita quotidiana".
Tutta la mia vita lavorativa l'ho vissuta qui
Luca*
Per il momento Luca rimane quindi in Australia, ma con un visto non permanente (), nonostante viva qui da oltre un decennio. Un visto che lo costringe ad una precarietà per lui difficile da digerire.

"Io in Italia ho finito la laurea e sono venuto qua, non ho mai lavorato in Italia, ho fatto lavoretti così, ma quasi tutti gli amici ce l'ho qui, la mia mia vita ce l'ho qui, quindi praticamente questa è la mia casa".

*Luca è un nome di fantasia utilizzato per proteggere l'identità dell'intervistato

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